Delle mie istruzioni non hai omesso nulla in quello che dovevi dire: così,
con grande naturalezza e rara diligenza, i miei spiriti minori hanno eseguito le loro parti.
I miei potenti incantesimi operano, e questi miei nemici sono tutti irretiti
nel loro delirio: sono ora in mio potere. [Shakespeare]
È una disgrazia essere un lavoratore produttivo [<=] – afferma Marx. Un lavoratore produttivo è un lavoratore che produce ricchezza per altri. La pratica del consenso tende a fornire le opportune condizioni affinché tale plusvalore [<=] continui ad essere prodotto non per i lavoratori stessi (in qualità di pluslavoro a disposizione della società complessiva) ma per i proprietari delle condizioni di produzione. È certo che l’attuale fase di crisi pone con urgenza il problema della costruzione della collaborazione dei diversi soggetti sociali al processo della produzione e al più complessivo funzionamento dell’organismo sociale su di essa modellato: il problema, cioè, del consenso.
La centralità del consenso si presenta celata sotto forma di “comunicazione” [<=], all’interno di un codice ampio di comportamenti linguistici [<=] vòlti a favorire, nelle loro conseguenze ultime, l’accettazione, senza possibilità di intervento, delle modalità comportamentali funzionali alla salvaguardia dell’organismo sociale. La centralità del consenso emerge ove si consideri che le dimensioni della crisi in atto porteranno masse di lavoratori, e sia pure negli iniziali limiti definiti da un generico “sacrifici uguali per tutti”, ad una prassi autonoma dal meccanismo di controllo neocorporativo [<=], e dunque il consenso, pur di impedire la polarizzazione dello scontro, reimposta i termini comunicativi in funzione del riavvicinamento degli “scontenti” alle modalità dell’organismo sociale. Possiamo osservare come, da questa base, si perverrà ad un affinamento delle diverse funzioni del consenso e quindi a una sua organizzazione più precisa, la qual comporta, oltre all’attrezzatura ideologica, pertinenti “carote” materiali (concessioni minime, mutamenti parziali di rotta nelle manovre economiche, ecc.), e, visti i limitati margini concreti per assolvere finanziariamente e riformisticamente a tali “contentini”, un aumento nell’uso del “bastone” repressivo.
La vita sociale rende necessario subordinare il comportamento dell’individuo alle esigenze poste dall’organismo sociale e crea con ciò complessi sistemi di segnalazione, i mezzi di comunicazione, che dirigono e regolano la formazione dei nessi condizionati nel cervello del singolo uomo. L’educazione è lo strumento migliore di cui l’autorità si può servire per indicare e imprimere nelle coscienze dei singoli individui quel modello. Attraverso la formazione, l’autorità tende a “costruire” gli individui nel modo che le risulta più congeniale ai fini del funzionamento dell’organismo sociale. L’autorità, se ricompensa e promuove coloro i quali dimostrano di condividere gli obiettivi dell’organismo sociale, punisce gli oppositori in modo da regolare il comportamento e mantenere il controllo. Con la dialettica promozione/repressione indica automaticamente a tutti gli altri qual è il modello di comportamento gradito.
[n.g.]